Dall’aprile del 2002 è obbligatoria anche in Italia l’etichettatura del pesce fresco. L’etichetta dei prodotti ittici deve sempre riportare la denominazione commerciale, il metodo di produzione e l’origine.
L’etichettatura del pesce fresco
Nell’aprile del 2002 è entrato in vigore il DM 27/03/2002, che fissa i criteri attuativi per il Regolamento 2065/2001/CE sull’etichettatura dei prodotti ittici. Questo provvedimento prevede, per tutti i prodotti ittici in commercio, una specifica etichetta, che deve riportare le seguenti informazioni:
• la denominazione commerciale della specie
• il metodo di produzione
• la zona di cattura
La denominazione commerciale
Il Regolamento europeo ha imposto agli Stati membri la stesura di una lista di denominazioni commerciali autorizzate, allo scopo di contenere le frodi rese possibili da una nomenclatura incerta, legata a tradizioni locali, che facilitava lo sfruttamento truffaldino la somiglianza tra specie di differente pregio. Ora invece vige l’obbligo di commercializzare i prodotti ittici, su tutto il territorio nazionale, secondo le denominazioni commerciali riconosciute dal DM 27/03/2002 e successive modificazioni.
Il metodo di produzione
Questa menzione indica se il pesce proviene da allevamenti o se è stato catturato. L’indicazione prevede tre opzioni:
• pescato
• pescato in acque dolci
• allevato
La zona di cattura
Questa menzione individua il luogo d’allevamento o di cattura, sia che si tratti di pesci nostrani sia che provengano da Stati dell’Unione Europea o da Paesi Extracomunitari. L’indicazione prevede:
A. Per i prodotti pescati in mare:
Zona FAO n. 21 Oceano Atlantico nord-occidentale
Zona FAO n. 27 e 27 IIId Atlantico nord-orientale e Mar Baltico
Zona FAO n. 31 Oceano Atlantico centro-occidentale
Zona FAO n. 34 Oceano Atlantico centro-orientale
Zona FAO n. 41 Oceano Atlantico sud-occidentale
Zona FAO n. 47 Oceano Atlantico sud- orientale
Zona FAO n. 37.1; 37.2; 37.3; 37.4 Mar Mediterraneo e Mar Nero
Zona FAO n. 51 e 57 Oceano Indiano
Zona FAO n. 61; 67; 71; 77; 81; 87 Oceano Pacifico
Zona FAO n. 48; 58; 88 Oceano Antartico
N.B.: È facoltà del venditore indicare una zona di cattura più dettagliata (ad esempio, nella Zona FAO n.37, Mar Adriatico).
B. Per i prodotti pescati in acque dolci:
Nome del Paese membro o del Paese terzo di origine
C. Per i prodotti di allevamento:
Nome del Paese membro o Paese terzo/Più Paesi membri o Paesi terzi
Il campo di applicazione del DM 27/03/2002
Il decreto sull’etichettatura dei prodotti ittici si applica a pesci, crostacei e molluschi, che siano vivi, freschi, refrigerati, congelati, surgelati, decapitati, sgusciati, tagliati in pezzi o in filetti oppure triturati, secchi, salati, in salamoia, affumicati, anche preventivamente precotti, in polvere, in farina o in pellets, purché atti all’alimentazione umana.
I controlli
Gli operatori della filiera sono tenuti ad assicurare la tracciabilità del prodotto ittico, mentre il ruolo delle autorità nazionali di tutti gli Stati membri è quello di controllare che ad ogni passaggio della commercializzazione le informazioni relative alla denominazione commerciale, al metodo di produzione e alla zona di cattura siano disponibili.
Il pesce d’acquacoltura
Esistono diverse tipologie di allevamento ittico, che possiamo suddividere in tre categorie: allevamento intensivo, semiestensivo ed estensivo.
• Nell’allevamento intensivo i pesci vivono in vasche di acqua dolce, salata o salmastra, e sono alimentati esclusivamente con mangimi artificiali, secondo diete specificamente formulate per ogni singola specie.
La maricoltura è invece un particolare tipo di allevamento intensivo in cui i pesci sono posti in grosse gabbie galleggianti o sommerse in mare aperto.
• Nell’allevamento estensivo (vallicoltura) il pesce viene seminato allo stato giovanile in lagune o stagni costieri, e si nutre in maniera naturale, sfruttando le risorse dell’ambiente.
• L’allevamento semiestensivo è una forma di acquicoltura intermedia, in cui i pesci hanno una dieta ibrida, che vede una base di alimentazione naturale integrata con mangimi artificiali.
La qualità del pesce d’acquacoltura
Il pesce da acquacoltura ha in genere lo stesso valore nutrizionale del pescato, sebbene nel caso dell’allevamento intensivo il contenuto in grassi può essere più elevato. Si tratta però di grassi che – come nel pescato – sono particolarmente ricchi di composti polinsaturi e di Omega 3. La possibilità di prelevare il prodotto secondo le quantità richieste dal mercato offre inoltre il vantaggio di ridurre notevolmente l’invenduto, garantendo in qualche modo una freschezza costante. Lo svantaggio, naturalmente, è quello della qualità: le caratteristiche organolettiche del pescato sono in genere superiori. Il pesce allevato in maniera estensiva, tuttavia, rappresenta spesso un buon compromesso tra qualità e prezzo.
I mangimi
I mangimi con cui viene alimentato il pesce d’acquacoltura sono composti di materie prime che la normativa vuole scelte con particolare attenzione all’ecocompatibilità ed alla digeribilità da parte delle specie ittiche cui sono destinati. Essi sono principalmente composti di farina ed olio di pesce (dal 50 all’80%) derivati da pesce fresco di basso valore commerciale. La frazione rimanente è composta da proteine vegetali – in gran parte farine di soia – e da amidi derivati dal frumento usati come leganti. Le farine di carne sono invece da tempo escluse per legge anche da questo tipo di formulazioni.
I controlli
I controlli sugli allevamenti e sui mangimi sono di competenza delle Asl, che – grazie anche al numero di impianti relativamente modesto (circa un migliaio su tutto il territorio nazionale) – effettuano periodicamente prelievi ed analisi.